lunedì 12 agosto 2013

"L'uomo non sa far niente". Parola di donna, finché non c'è una ruota da cambiare


Le prime lotte per l’emancipazione femminile sono iniziate oltre un secolo fa, con il termine “femminismo” introdotto nel 1881 da Hubertine Auclert, paladina del movimento e giornalista. L’apoteosi a cavallo fra gli anni Sessanta e Settanta, con il femminismo radicale e l’attività delle Redstockings, gruppo “militante” newyorkese, convinto che “tutti gli uomini hanno oppresso le donne” e che fosse necessario rivendicare definitivamente i propri diritti. Oggi le cose sono decisamente migliorate e la parità dei sessi (perlomeno in Europa e in USA) può essere considerata un dato di fatto. Ma fino a che punto? L’interrogativo sorge spontaneo dopo la pubblicazione ieri di uno studio inglese diffuso dal Daily Mail, nel quale le donne affermano senza mezzi termini che “l’uomo non serve a nulla”; a meno che non ci siano lavori stupidi e ingrati da assolvere... o bere. Il 60% delle donne ritiene, infatti, indispensabile “il potere maschile” quando c’è da eliminare ragni, opilionidi e affini, responsabili di crisi di aracnofobia, guarda caso particolarmente diffuse fra il gentil sesso; il 73% quando salta una ruota e non si intravede nemmeno l’ombra di un meccanico o un gommista; il 56% se c’è da preparare il barbecue per una “cenetta in giardino”. Pochi, invece, i dubbi relativi alle potenzialità dell’uomo-bevitore, per alcune “un vero campione”. Per il resto, l’insofferenza femminile nei confronti del maschio standard, domina sempiterna: l’uomo parrebbe un inetto per natura, incapace di cucinare, stirare, seguire la moda, scegliere i mobili per la casa, fare un regalo appropriato e, naturalmente, ricordarsi gli anniversari. Lo studio è comprensibilmente sindacabile dal punto di vista maschile, poiché il sesso forte è da sempre convinto che l’eguaglianza fra i sessi emerga solo quando torna comodo alle donne; in sostanza se c’è da far da mangiare, lavare i piatti, o cambiare un pannolino, non ci sono dubbi sull’attendibilità e lungimiranza della parità dei diritti; ma poi le cose cambiano drasticamente nel momento in cui c’è da sgominare una banda di famelici topini di campagna o rimboccarsi le maniche per qualunque pesante e frustante lavoro domestico. Non è un caso che “la spazzatura” spetti sempre al capofamiglia. Come dire, la parità dei sessi funziona solo in precisi contesti, per il resto può essere considerato un optional. In realtà, le donne coinvolte nel test, un briciolo di spiraglio lo lasciano, rivelando (nel 76% dei casi) che gli uomini sono “abbastanza bravi” ad affrontare le cose che hanno a cuore e che rispetto alle generazioni precedenti, qualcosa – in meglio – è cambiato. Ma subito precisano che sono anche quelli che con maggiore frequenza perdono l’aereo, dimenticano a scuola i bambini, e si fingono malati per non andare al lavoro. Eppure si dovrebbe guardare a questi risultati con indulgenza, poiché non sono altro che il frutto di migliaia di anni di evoluzione. L’uomo e la donna, per quante battaglie sociali potranno essere nuovamente benedette, rimarranno sempre mondi a se stanti, predisposti per compiti precisi, con cervelli “tarati” per sensibilità diverse e fisici con competenze distanti anni luce. Il corpo maschile, dalla notte dei tempi, per via di dinamiche fisiologiche peculiari, è predisposto per la lotta e per il combattimento; quello femminile per procreare. Il cervello degli uomini è essenzialmente “monotematico”, riesce a elaborare un solo pensiero alla volta, ma può raggiungere livelli di concentrazione che le donne possono solo sognarsi; ecco perché gli uomini eccellano coi numeri, e le donne con le parole (anche grazie alla simultanea attività dei due emisferi cerebrali). Le donne, infine, sono imbattibili nel ricordare date e anniversari. Non si perdono un compleanno, un matrimonio, una ricorrenza. Ma è anche questa una strategia evolutiva: dimostra il loro alto indice emotivo, fondamentale per la cura e la crescita dei figli. 

(Pubblicato su Il Giornale l'8 agosto 2013)

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