giovedì 8 novembre 2012

Lunga vita ai dialetti


I dialetti italiani stanno sparendo? Non si direbbe. Stando, infatti, a un'indagine Instat, un po’ per orgoglio cittadino, un po’ per difendere le proprie origini, nel nostro paese i dialetti stanno vivendo una nuova giovinezza. I dati ottenuti dallo studio parlano chiaro: sono 12,6 milioni (circa un quarto della popolazione nazionale) le persone che parlano quotidianamente l’idioma della rispettiva regione o città; e 15 milioni (il 28,3% della popolazione) coloro che al dialetto mischiano la lingua madre. In preferenza si parla in dialetto in famiglia o tra amici, mentre in ufficio e negli ambienti di lavoro si preferisce l’italiano. Sono i giovani in particolare a riscoprire il valore dei vernacoli, recuperandoli dai propri genitori e soprattutto dai nonni. I sociologi affermano che il fenomeno è in costante evoluzione ed è dovuto alla necessità delle nuove leve di ritagliarsi uno spazio ben preciso all’interno della società italiana: in sostanza emerge da parte dei ragazzi la volontà di sentirsi portavoce di una rappresentanza unica, di una tradizione che altrove non esiste. I numerosi corsi di lingua che, a fianco di quelli per imparare l’inglese, il francese, e l’arabo, si occupano ormai da tempo degli idiomi delle varie regioni e città italiane, ne sono la conferma: basta fare un giro su internet per scoprire per esempio che a Milano e a Roma esistono già parecchie scuole dove si insegna il “meneghino” e il “romanesco”. Quali e quanti sono i dialetti italiani? È difficile dirlo. Ma c’è una mappa dei vernacoli italiani che risale al 1977 e che illustra in modo più che esaustivo almeno le principali “regioni dialettali”: l’autore è l’etnografo Giovan Battista Pellegrini. Egli sostiene che ogni dialetto rappresenta un’area geografica ben distinta, il risultato di un’evoluzione storica e linguistica specifica. Alle grosse regioni dialettali come quella gallo – italica, che dal Piemonte arriva all’Emilia Romagna, si contrappongono delle vere e proprie “isole dialettali” capeggiate dal franco – provenzale parlato in Val D’Aosta e dal gallurese utilizzato in Sardegna. In particolare, in Lombardia, si distinguono il lombardo occidentale e il lombardo orientale. Il milanese rientra nel primo gruppo ed è parlato perlopiù nella zona compresa fra il Ticino, l'Olona e il saronnese. Diversa la genesi del brianzolo, che risente di spiccate influenze lecchesi, comasche e monzesi. 


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